Il TAR Lazio - Roma, con una recente sentenza (n. 2737 del 17 marzo 2009, Sez. III), ha confermato l'orientamento giurisprudenziale (ex plurimis, Consiglio di Stato, Sez. V, n. 1280 del 15 marzo 2004) secondo il quale non può essere riconosciuto il risarcimento in forma specifica nell'ipotesi in cui i lavori siano stati quasi ultimati dall'aggiudicataria, atteso che tale forma risarcitoria incontra il limite dell'eccessiva onerosità ex art. 2058, comma 2, Cod. Civ..
Rilevano, inoltre, i giudici romani che il criterio dell'utile presuntivo di cui all'art. 345 della L. n. 2248/1865 all. F art. 345, nonchè quello successivo - cui la Sezione si è recentemente uniformata (n. 10227/2007) - del 10% dei quattro quinti del prezzo posto a base di gara, depurato dal ribasso offerto dalla ricorrente, ex art. 122 del D.P.R. 21 dicembre 1999 n. 554 in tema di recesso unilaterale della p.a. dal contratto di appalto di opere pubbliche, recepito dall'art. 134 del D.lgs. n. 163/2006, deve essere inteso come un criterio generale di quantificazione del margine di profitto dell'appaltatore nei contratti con l'Amministrazione e viene a concretizzare una sorta di forfetizzazione legale del danno nella sua misura massima, operante quando il pregiudizio non possa essere precisato e provato nel suo preciso ammontare.
Tale forma di forfetizzazione del danno, assumendo una funzione residuale, non può in alcun modo essere automaticamente riconosciuta al soggetto leso dal comportamento dell'amministrazione, in quanto un simile modus operandi risulterebbe in contrasto con il principio che impone al ricorrente nei giudizi risarcitori di provare l'entità del pregiudizio subito, nonché comporterebbe il pericolo che all'impresa danneggiata possa essere riconosciuta una sorta di overcompensation in violazione della regola della risarcibilità del danno effettivamente sofferto di cui all'art. 1223 del Cod. Civ. |