Costituisce ius receptum (cfr. ex plurimis e da ultimo, Cons. St., Sez. V, 6 aprile 2009, n. 2138; Sez. IV, 12 giugno 2007, n. 3103; Sez. VI, 10 gennaio 2007, n. 37) l'affermazione secondo cui i bandi di gare d'appalto (ma conclusioni analoghe valgono per gli affidamenti dei servizi pubblici) possono prevedere requisiti di partecipazione più rigorosi di quelli indicati dalla legge purché non discriminanti ed abnormi rispetto alle regole proprie del settore; sotto tale angolazione non può dubitarsi che l'amministrazione aggiudicatrice abbia il potere discrezionale di fissare requisiti di partecipazione ad una singola gara anche molto rigorosi e superiori a quelli previsti dalla legge e che possa pertanto pretendere l'attestazione di requisiti di capacità diversi ed ulteriori dalla semplice iscrizione in albi o elenchi.
E' quanto asserito dai giudici di Palazzo Spada con sentenza della Sezione V del 19 novembre 2009 n. 7247, in base alla quale l'esercizio di detto potere discrezionale costituisce in realtà precipua attuazione dei principi costituzionali di imparzialità e buon andamento dell'azione amministrativa, predicati dall'articolo 97 della Costituzione e si sostanzia quindi nel potere - dovere assegnato all'amministrazione di apprestare (proprio attraverso la specifica individuazione degli specifici requisiti di ammissione e di partecipazione ad una gara) gli strumenti e le misure più adeguati, opportuni, congrui, efficienti ed efficaci ai fini del corretto ed effettivo perseguimento dell'interesse pubblico concreto, oggetto dell'appalto da affidare. |