I giudici di Palazzo Spada confermano l'impostazione giurisprudenziale secondo la quale è possibile proporre varianti in sede di offerta, purchè non si alterino i caratteri essenziali
delle prestazioni richieste (Consiglio di Stato, Sez. V 20/2/2009 n. 1019).
L'art. 24 del D.Lgs. n. 157 del 17 marzo 1995 (attuativo della disciplina di cui alla direttiva 92/50/Cee e oggi trasfuso nell'articolo 76 del D.Lgs. n. 163/2006) permette, infatti, di
presentare varianti in sede di offerta per gli appalti di servizi - facoltà oggi estesa a tutti gli appalti - demandando all'Amministrazione di indicare nel bando se le varianti sono
ammesse e quali i sono "requisiti minimi" ai quali le stesse debbono attenersi. La possibilità di proporre variazioni migliorative consente, dunque, di apportare modifiche al progetto
proposto dalla stazione appaltante, purchè non si alterino i c.d. "requisiti minimi" delle prestazioni richieste dalla lex specialis per non ledere la par condicio (cfr. Cons. Stato, Sez.
V, 11 luglio 2008 n. 3481; id. Sez. IV, 11 febbraio 1999, n. 149).
Pertanto, in conformità all'art. 24 del d.lgs n. 157 del 1995 (oggi art. 76 del D.Lgs. n. 163 del 2006), ad essere inderogabili sono i contenuti d'insieme del progetto preliminare e non i
singoli requisiti tecnici.
Diversamente, l'imposizione della assoluta identità tra gli elementi tecnici delle offerte e le specifiche tecniche del capitolato speciale sarebbe del tutto irragionevole rispetto alla
procedura adottata, ridotta ad una gara nella quale sarebbe utilizzato il criterio del prezzo più basso e non d'appalto-concorso.
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