Sulla scorta del principio di proporzionalitā (delineato in sede comunitaria) non č consentito all'Amministrazione pubblica di adottare atti restrittivi della sfera giuridica dei privati in misura non proporzionata all'interesse pubblico, richiedendo, quindi, l'idoneitā del mezzo prescelto rispetto al fine perseguito, la necessari etā dello stesso e la sua adeguatezza rispetto al sacrificio imposto al privato.
E' l'avviso del TAR Lazio (Roma sez. III quater 23 ottobre 2009 n. 10361), il quale ha ritenuto che la clausola della lettera d'invito di una gara di appalto che prescrive - a pena di esclusione - di indicare sul plico generale contenente l'offerta e sui plichi interni, il codice fiscale, la partita IVA e l'indirizzo di ciascuna impresa, si pone in netto contrasto con il suddetto principio, ove, da un lato impone un'evidente ed irragionevole aggravamento procedimentale alle imprese partecipanti alla gara, mentre, dall'altro, vincola ineluttabilmente la stessa stazione appaltante nelle sue valutazioni, essendo stata chiaramente prevista "a pena di esclusione".
Nč tanto meno giova alla stazione appaltante replicare che la prescrizione (circa la necessaria indicazione su ogni plico della denominazione completa di indirizzo, partita IVA e codice fiscale di ogni impresa raggruppata con la specificazione della capogruppo) realizzerebbe "un apprezzabile interesse di certezza sulla provenienza dei plichi (esterni ed interni)": infatti la certezza della provenienza della offerta e della documentazione č garantita dall'indicazione del mittente, dai sigilli e dalle controfirme sui lembi di chiusura, e non dall'indicazione di dati fiscali che, poi, sono estraibili da pių fonti di facile consultazione; inoltre (come č noto) all'offerta va allegata la copia della carta d'identitā del rappresentante legale dell'impresa concorrente. |