La disposizione di cui all'art. 38, c.1, lett. c), del D.lgs. n. 163/2006 è ormai costantemente interpretata nel senso che l'ampia formulazione utilizzata, piuttosto che limitare l'ambito di applicazione delle relative norme, intenda "assumere come destinatari tutti i soggetti-persone fisiche che, essendo titolari del potere di rappresentanza della persona giuridica, sono comunque in grado di trasmettere, con il proprio comportamento, la riprovazione dell'ordinamento nei riguardi della loro personale condotta, al soggetto rappresentato" e che, quindi, "il primo criterio da seguire per l'individuazione dei soggetti obbligati, con riferimento alle persone giuridiche (e dunque alle società di capitale ed ai consorzi dotati di personalità) è costituito dalla riconoscibilità ed ufficialità del potere della persona fisica di trasferire direttamente, al soggetto rappresentato, gli effetti del proprio operare." (Cons. St., sez. V, 15 gennaio 2008, n. 36).
E' quanto ribadito da una recentissima sentenza del Tar Lazio - Roma (Sez. I, 3 maggio 2010 n. 9132), il quale afferma che occorre, al riguardo, ricercare nello statuto della persona giuridica quali siano i soggetti dotati di poteri di rappresentanza.
In proposito, particolare approfondimento è stato dedicato alla figura dell'institore, il quale viene definito dal codice civile (art. 2203, comma 1, c.c.), come "colui che è preposto dal titolare all'esercizio di un un'impresa commerciale".
Secondo la giurisprudenza civilistica, la preposizione institoria è caratterizzata dall'ampiezza dei poteri rappresentativi e gestori, che fanno dell'institore un alter ego dell'imprenditore con analoghi poteri sia pure limitatamente al ramo di attività o alla sede cui il soggetto è preposto.
L'ampiezza è tale che la rappresentanza si reputa generale allorché particolari limitazioni non siano rese pubbliche nelle forme di legge (cfr. art. 2204 c.c.).
Il Supremo Consesso ha dedotto, dalla configurazione civilistica e dalla prassi negoziale, che l'institore è titolare di una posizione corrispondente a quella di un vero e proprio amministratore, munito di poteri di rappresentanza, "cosicché deve essere annoverato tra i soggetti tenuti alla dichiarazione" (così, la sentenza del C.d.S. n. 36/2008 cit.; ex multis anche, Sez. VI, 24 novembre 2009, n. 7380, nonché, prima ancora, 8 febbraio 2007, n. 523).
Prendendo spunto dal rilievo secondo cui i requisiti previsti dall'art. 38, lett. b) e c) del D.lgs. n. 163/006 sono riferiti anche agli amministratori cessati dalla carica nell'ultimo triennio, si è poi chiarito che, qualora la lex specialis non abbia previsto che la dichiarazione debba essere rilasciata personalmente dagli amministratori cessati dalla carica, ovvero da ciascuno degli amministratori attualmente muniti di poteri di rappresentanza, si deve considerare validamente prestata la dichiarazione non resa personalmente dagli amministratori cessati, ma da quello in carica (così C.d.S., Sez. V, sentenza n. 2090 del 7 maggio 2008), ovvero da uno di essi, il quale può rendere una simile dichiarazione anche con riferimento a tutti gli altri purché, in tale ipotesi, si abbia conoscenza diretta del relativo stato e l'assunzione di responsabilità sia piena e consapevole in relazione alle conseguenze, anche di natura penale, derivanti da una falsa dichiarazione (cfr., da ultimo, sia pure con rilievi critici, Cons. St., Sez. V, 22 marzo 2010, n. 1644: id., sentenza n. 2090/2008, cit.). |