Consiglio di Stato: vademecum per l’esercizio del potere di autotutela


Si segnala un’interessante pronuncia del Consiglio di Stato in tema di esercizio del potere di autotutela da parte di una stazione appaltante (Consiglio di Stato sez. V 12 febbraio 2010 n. 743).

Nella pronuncia in esame, si legge che tutti gli atti di gara, a partire dal bando per finire all’aggiudicazione definitiva, possono formare oggetto di ritiro in via di autotutela.

Tale principio è oggi consacrato dall’articolo 11, comma 9, del D.lgs. n. 163 del 2006 che, nel disciplinare il termine finale per la stipula del contratto, fa comunque salvo il potere di autotutela dell’amministrazione. La disposizione, al riguardo, chiarisce quale sia, per la stazione appaltante, la portata del vincolo derivante dall’intervenuta aggiudicazione.

L’amministrazione non è infatti incondizionatamente tenuta alla stipulazione del contratto, ma l’impegno conseguente alla definitiva individuazione dell’aggiudicatario può essere eliminato solo attraverso le procedure tipiche che regolano l’esercizio del potere di autotutela ora codificate dalla l. n. 241 del 1990, come novellata nel 2005.

I giudici di legittimità sottolineano come la norma sancita dall’art. 11 cit. non sia tuttavia esaustiva dell’autotutela in materia di appalti pubblici, la quale soggiace, altresì, alle regole elaborate dalla giurisprudenza ed ora codificate dalla l. n. 15 del 2005.

Del resto, già prima della Legge n. 15 del 2005 e del codice dei contratti pubblici, si è riconosciuto che nei procedimenti di gara, al di là degli atti tipici finalizzati allo scopo di verificare la legittimità dell’iter di formazione del contratto (quali l’approvazione e l’eventuale controllo), dovesse ritenersi vigente il generale principio dell’autotutela decisoria; pertanto, in aggiunta agli strumenti tipici di verifica immediata dell’attività compiuta dall’amministrazione, deve ritenersi consentito l’esercizio del generale potere di riesame in un momento successivo alla conclusione del procedimento (in tal senso si era già espresso il Consiglio Stato, Sez. V, 24 ottobre 2000, n. 5710; Sez. V, 3 febbraio 2000, n. 661).

Dunque l’estrinsecazione del potere di autotutela della p.a. non incontra alcun limite insuperabile nella convenzione intervenuta con il privato: i diritti e i doveri delle parti derivanti dall’accordo non sottraggono l’atto amministrativo presupposto al potere di autotutela pubblicistica (cfr. Cass., Sez. I, 11 giugno 2004, n. 11103).

Nel caso in cui l’amministrazione intenda esercitare il proprio potere di autotutela rispetto all’aggiudicazione provvisoria (atto certamente endoprocedimentale, necessario ma non decisivo), essa non è tenuta a dare comunicazione dell’avvio del relativo procedimento, versandosi ancora nell’unico procedimento iniziato con l’istanza di partecipazione alla gara, vantando l’aggiudicatario provvisorio una mera aspettativa di fatto alla conclusione del procedimento; viceversa, in presenza di un provvedimento di aggiudicazione definitiva, l’esercizio del potere di autotutela deve essere necessariamente preceduto, a pena di illegittimità, dalla comunicazione di avvio del procedimento, dovendo darsi modo all’aggiudicatario definitivo, titolare di una posizione giuridica evidentemente qualificata, di poter interloquire con l’amministrazione, rappresentando fatti e prospettando osservazioni e valutazioni finalizzate alla migliore individuazione dell’interesse pubblico, concreto ed attuale, alla cui unica cura deve essere indirizzata la potestà pubblica (cfr. Cons. St., Sez. VI, 3 ottobre 2007, n. 5107; Sez. IV, 31 ottobre 2006, n. 6456).

In base al principio di conservazione degli atti e dei rapporti giuridici, nell’ambito delle pubbliche gare, il potere di autotutela può esercitarsi anche parzialmente, senza travolgere l’intero procedimento; nelle procedure ad evidenza pubblica per la scelta del contraente, infatti, il venir meno dell’aggiudicazione, per decisione giurisdizionale o in via di autotutela, restituisce all’amministrazione la piena potestà di diritto pubblico di determinarsi nel modo che ravvisa più opportuno per la cura del pubblico interesse e, pertanto, anche di non avvalersi degli atti legittimi della procedura espletata e di revocare gli atti che vi hanno dato luogo; come in ogni altra ipotesi di autotutela, è sufficiente, allora, ai fini della sua legittimità, che il provvedimento sia sorretto da adeguata motivazione in ordine alle ragioni di pubblico interesse che lo hanno determinato.

Sotto tale angolazione si è affermato che: a) nel caso in cui un concorrente ad una gara d’appalto da svolgersi con il sistema del pubblico incanto sia stato escluso dalla gara per un errore compiuto dalla commissione, l’amministrazione può riaprire la gara annullando la sola aggiudicazione, anche se già approvata, lasciando fermo il sub-procedimento di presentazione delle offerte e disponendo la rinnovazione della fase dell’esame comparativo delle offerte già pervenute (cfr. Cons. St., Sez. V, 3 febbraio 2000, n. 661); b) specularmente, è da considerarsi legittimo il provvedimento con cui l’amministrazione, dopo aver espletato una gara d’appalto il cui vincitore è risultato illegittimamente ammesso, disponga la rinnovazione integrale della gara (cfr. Cons. St., Sez. V, 6 marzo 2002, n. 1367). Del resto, la massima pubblicità delle operazioni di verifica delle offerte attenua, ma non elimina il rischio di errori e di illegittimità e la conseguente necessità di porvi rimedio dopo la conclusione del procedimento e l’approvazione degli atti di gara; in tali eventualità, l’accertamento di vizi della procedura riguardanti le operazioni e gli accertamenti di fatti storici compiuti dalla commissione può essere realizzato dalla stessa amministrazione in autotutela; il procedimento di riesame deve tuttavia svolgersi con garanzie eguali o equipollenti a quelle prescritte per gli atti e le operazioni oggetto di valutazione, non essendo bastevoli le sole garanzie procedimentali di cui alla l. n. 241 del 1990 (cfr. Cons. St., Sez. V, 3 febbraio 2000, n. 661).