Non è impugnabile la delibera che non ha dato luogo alla costituzione di una società pubblica mista, ma al mero acquisto di una partecipazione di minoranza e che non consenta di rilevare, rispetto a tale acquisto, la decisione del Comune di procedere, in futuro, all'affidamento senza gara del servizio in questione attesa la varietà dei servizi richiamati nell'oggetto sociale.
E' quanto affermato dalla sez. V del Consiglio di Stato (Sentenza 15 ottobre 2010, n. 7533), secondo cui l'acquisizione, nel caso di specie, di una partecipazione azionaria di una società costituita in precedenza, ancorché avente ad oggetto la gestione dei rifiuti, non è sufficiente a legittimare l'affidamento diretto e ad escludere la necessità della gara.
Nella pronuncia è altresì richiamata l'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 1 del 2008, la quale ha chiarito i limiti dell'affidamento diretto alle società miste ai sensi dell'art 113, comma 5, lett. b), del D.Lvo n. 267/00.
Premesso che il principio generale è sempre quello della gara, e che l'affidamento diretto è sempre una deroga a tale principio - deroga consentita in casi di stretta interpretazione - la società mista si giustifica quale forma di partenariato pubblico-privato costituito per la gestione di uno specifico servizio per un tempo determinato.
In altri termini, non si ha in questi casi una esenzione dal principio della gara, ma muta l'oggetto della gara, che deve sempre essere esperita, ma non più per trovare il terzo gestore del servizio, bensì il partner privato con cui gestire il servizio.
E' evidente, quindi, che le società miste cosiddette aperte, costituite cioè per finalità specifiche, ma indifferenziate, non possono essere affidatarie dirette, in quanto non soddisfano le condizioni a cui è ancorata la deroga. |