Si segnala un’interessante pronuncia del Consiglio di Stato (Sez. VI 24 agosto 2011 n. 4801) in tema di procedura di verifica delle offerte anomale.
Si legge nella sentenza che per pacifica giurisprudenza non è escluso che si possa procedere in sede di verifica di anomalia dell'offerta ad un limitato rimaneggiamento dei suoi elementi, purché la proposta contrattuale non venga modificata o alterata (Consiglio Stato , sez. VI, 7 marzo 2008, n. 1007; sez. VI, 26 aprile 2005, n. 1889; sez. V, 11 novembre 2004, n. 7346).
Afferma, altresì, la sesta sezione del Consiglio di Stato che l’art. 88 del Codice prevede una scansione di natura dilatoria, i cui termini non possono essere inferiori a quelli ivi previsti.
Ne consegue che nulla vieta, nel rispetto del canone di ragionevolezza, comunque conformato all’esigenza che le procedure di aggiudicazione si concludano celermente ed in tempi certi, che la stazione appaltante assegni termini superiori.
Sempre nella sentenza è rimarcato che, sulla scorta di pacifica giurisprudenza, la verifica di anomalia non ha per oggetto la ricerca di specifiche e singole inesattezze dell'offerta economica, ma mira ad accertare se l'offerta, nel suo complesso, sia attendibile o inattendibile, e dunque se dia o meno serio affidamento circa la corretta esecuzione dell'appalto.
Pertanto, il procedimento di verifica è avulso da ogni formalismo ed è improntato alla massima collaborazione tra stazione appaltante e offerente; il contraddittorio deve essere effettivo; non vi sono preclusioni alla presentazione di giustificazioni, ancorate al momento della scadenza del termine di presentazione delle offerte; mentre l'offerta è immodificabile, modificabili sono le giustificazioni, e sono ammesse quelle sopravvenute e compensazioni tra sottostime e sovrastime, purché l'offerta risulti nel suo complesso affidabile al momento dell'aggiudicazione, a garanzia di una seria esecuzione del contratto (sul tema è richiamata Consiglio Stato, sez. VI, 21 maggio 2009, n. 3146).
Nella pronuncia in esame è anche affrontata la questione della percentuale minima di utile.
Più nel dettaglio, Palazzo Spada ritiene che, armonicamente con le conclusioni della giurisprudenza (Consiglio Stato, sez. VI, 16 gennaio 2009, n. 215), non può essere fissata, ai fini della valutazione di anomalia delle offerte presentate nelle gare di appalto, una quota rigida di utile al di sotto della quale l'offerta debba considerarsi per definizione incongrua, dovendosi invece avere riguardo alla serietà della proposta contrattuale e risultando in sé ingiustificabile solo un utile pari a zero, atteso che anche un utile apparentemente modesto può comportare un guadagno importante, quando il contratto abbia un importo elevato. |