Autorità: è nulla la rinuncia preventiva agli interessi per ritardato pagamento


La clausola del capitolato speciale d’appalto – secondo cui, in caso di ritardo nelle erogazioni da parte del Ministero delle Infrastrutture, “l’Impresa non potrà richiedere all’Ente gli interessi per ritardato pagamento, ciò in deroga all’art. 26 L.109/94, all’art. 30 D.M. n.145/2000 e art. 102 e 116 D.P.R. 554/99” è affetta da nullità parziale di cui al secondo comma dell’art. 1419 c.c., per i seguenti motivi.

 

Lo sostiene l’Autorità (Parere 22 giugno 2011 n. 124), evidenziando che l’articolo 26 della legge 109/94 è stato abrogato dall'articolo 256 del D.Lgs. 12 aprile 2006, n. 163, con decorrenza 1° luglio 2006, ai sensi di quanto disposto dall'articolo 257 del medesimo decreto e che, nella vigenza del Codice dei contratti pubblici, la materia è regolata dall’art. 133 del citato decreto legislativo, che prevede al comma 1 che “in caso di ritardo…spettano all'esecutore dei lavori gli interessi, legali e moratori… ferma restando la sua facoltà…di agire ai sensi dell'articolo 1460 del codice civile, ovvero, previa costituzione in mora dell'amministrazione aggiudicatrice e trascorsi sessanta giorni dalla data della costituzione stessa, di promuovere il giudizio arbitrale per la dichiarazione di risoluzione del contratto” (comma così modificato dall'articolo 2 del D.Lgs. 31 luglio 2007 n. 113).

 

Dal chiaro tenore della norma cogente sopra riportata si evince che, in tema di pagamenti ricadenti nell'ambito dei rapporti contrattuali disciplinati dalla normativa di settore, la regola è nel senso che il ritardato pagamento delle somme dovute dalla stazione appaltante a titolo di prezzo o compenso revisionale negli appalti di opere pubbliche comporta sempre l'obbligo degli interessi in base alle norme che li disciplinano; onde, sono nulle le pattuizioni che implicano la rinuncia preventiva ad ogni ristoro per i ritardi nei pagamenti dovuti, escludendo la corresponsione degli interessi anzidetti.

 

Viceversa, non può escludersi che il suddetto principio della irrinunciabilità preventiva dei crediti (del genere appunto di quelli relativi ai suindicati interessi) - valido al momento della contrattazione (quando, cioè, si rende necessario sottrarre la parte più debole a possibili abusi dell'Amministrazione) – sia sovvertito da una contraria determinazione delle parti, una volta che il diritto sia maturato (come è agevole argomentare ex multis da Cass. civ., sez. I, 29 febbraio 2008, n. 5433).

 

Invero, la normativa di settore è chiaramente volta ad evitare l’elusione dei diritti dell’appaltatore a mezzo di rinuncia preventiva ad essi, ma non esclude che le parti, una volta che questi diritti siano sorti, possano disporne, addivenendo ad una transazione.

 

In altri termini, va sottolineato come la normativa appena richiamata sia volta unicamente ad evitare che sull'operatore economico, titolare della commessa, ricada il rischio del ritardo (colpevole) nella prestazione del corrispettivo; laddove, per altro verso, il diritto agli interessi da ritardato pagamento nell'appalto nasce come diritto relativo che esaurisce la propria funzione entro un ordinario rapporto di credito - debito, senza che ricorrano, in una situazione giuridica simile, le caratteristiche che connotano le posizioni indisponibili (come libertà fondamentali e diritti assoluti, ovvero particolari status o potestà), aventi ad oggetto, direttamente o indirettamente, beni tutelati in via primaria dalla Costituzione.