TAR Friuli: appalto di servizi e cooptazione


Il TAR Friuli Venezia Giulia (sez. I, 8 marzo 2012 n. 92) affronta la questione dell’applicazione dell’istituto della cooptazione al comparto degli appalti di servizi.

 

Secondo i giudici friulani, anche negli appalti di servizi la cooptata deve dimostrare il possesso dei requisiti (o, quanto meno di possedere adeguata esperienza) in misura almeno pari a quella della quota di servizio che dovrà svolgere (che dovrebbe essere debitamente precisata dalla lex specialis, sia sotto l’aspetto quantitativo che qualitativo).

 

Nella sentenza è evidenziato che in ordine alla esportabilità della “cooptazione” dall’unico ambito in cui è contemplata (quello dei lavori pubblici), ad altri settori si è a lungo dubitato, sia per l’eccezionalità dell’istituto che per le peculiarità della sua disciplina, strettamente legata alle nozioni del sistema di qualificazione degli esecutori di lavori pubblici; tuttavia come più volte precisato dalla giurisprudenza (sin dalla decisione del Consiglio di Stato n. 2010/06) “secondo la direttiva 92/50 (ora n. 04/18), nel caso di raggruppamenti di operatori economici, non può ad essi essere imposta una determinata veste giuridica.

 

Ne consegue che la possibilità di un’impresa facente parte di un’ATI di cooptare altre imprese, ancorché prevista solo per i lavori, è espressione di un principio di derivazione comunitaria, e come tale è applicabile in tutti i pubblici appalti”, ivi compresi quelli di servizi (si veda anche, per tutti: C.S. n. 2450/10).

 

Si è da taluno opinato che, poiché nel sistema dei servizi non esiste la qualificazione, in questo caso sarebbe possibile associare qualsivoglia impresa minore nel solo rispetto del limite del 20% .

 

Il Collegio ritiene di non poter condividere questa conclusione, dal momento che, così operando, si priverebbe l’Amministrazione aggiudicatrice di ogni garanzia circa l’esperienza, l’idoneità tecnica e l’affidabilità dei soggetti che concretamente svolgeranno le prestazioni integranti una parte del servizio messo a gara; garanzie che. non possono dirsi sussistenti solo perché l’impresa cooptante possiede in proprio tutti i requisiti richiesti.

 

Secondo la vigente normativo occorre infatti una precisa delimitazione dell’impiego della singola cooptata, oltre che quantitativa, anche in ragione dei requisiti dalla stessa posseduti.


Il Collegio è dell’avviso che, a garanzia degli interessi della S.A., ci si debba regolare allo stesso modo anche negli appalti di servizi, con la conseguenza che la cooptata deve comunque dimostrare il possesso dei requisiti (o, quanto meno di possedere adeguata esperienza) in misura almeno pari a quella della quota di servizio che dovrà svolgere (che dovrebbe essere debitamente precisata dalla lex specialis, sia sotto l’aspetto quantitativo che qualitativo).

 

Conclude la sentenza in analisi rammentando che sul punto, la recente decisione del Consiglio di Stato n. 115/12 così si è espressa: “mette conto evidenziare che un riparto qualitativo delle lavorazioni o dei servizi offerti dalle associate (cioé un riparto di tipo eterogeneo delle prestazioni offerte) in tanto è possibile in quanto la Stazione Appaltante lo abbia, anche implicitamente, ammesso attraverso la indicazione delle opere scorporabili (in materia di lavori) ovvero dei servizi secondari (in materia di servizi); quante volte ciò non accada l’unico riparto ammesso tra le prestazione delle associate è di tipo quantitativo, cioè tra lavorazioni e servizi aventi carattere omogeneo.

 

Ne consegue che nel caso in esame, in cui la stazione appaltante non aveva distinto tra servizi principali ed accessori, non era configurabile, anche a voler ammettere … l’applicabilità alla fattispecie dell’istituto della cooptazione, un riparto qualitativo delle prestazione d’appalto”.