Sussiste il divieto per l'amministrazione, sia a seguito di dichiarazioni correttive del partecipante, sia in conseguenza della sua attività interpretativa volta a riscontrare la reale volontà dell'offerente, di sottoporre l'offerta ad “operazioni manipolative” e di adattamento non previste nella lex specialis della procedura, restando altrimenti violata la par condicio dei concorrenti e l'affidamento da essi riposto nelle regole di gara per modulare la rispettiva offerta economica, nonché il principio di buon andamento dell'azione amministrativa in quanto la procedura ne risulterebbe caratterizzata da incertezze, oltretutto con evidente nocumento della trasparenza.
Lo ricorda il Consiglio di Stato (sez. V 21 marzo 2012 n. 1597), richiamando un precedente orientamento della giurisprudenza di legittimità (Cons. St., sez. VI, 2 marzo 2011 n. 1299, 17 maggio 2006 n. 2884 e 16 febbraio 2005 n. 491).
In tale ottica, si rende inapplicabile il principio del favor partecipationis, recessivo a fronte della necessità di assicurare effettività agli altri principi indicati appena sopra".
Nel caso sottoposto all’esame del Consiglio di Stato, la stazione appaltante aveva predisposto un modello per la formulazione dell'offerta economica nell’ambito del quale per una voce di prezzo era indicato l'importo di € 0,00 con la precisazione "a titolo gratuito".
La prima e la seconda classificata hanno quotato il servizio e, come rilevato dalla commissione di gara, ne hanno incluso i costi nell'offerta economica.
Tuttavia la stessa commissione, anziché escluderle, ha ritenuto trattarsi di mero errore materiale e di invitare le ditte alla correzione in conformità alla documentazione di gara espressamente accettata dalle medesime.
Entrambe hanno corrisposto esprimendo la volontà di stralciare gli importi e confermare il totale che ne derivava, sicché la commissione rideterminava i punteggi e la graduatoria provvisoria finale, peraltro attribuendo all'appellante il terzo posto anziché il secondo prima assegnato.
Tale comportamento è stato censurato dalla sentenza di cui occupa. |