Consiglio di Stato: anche la V sezione sposa la tesi del subappalto necessario


Palazzo Spada mette un ulteriore tassello a supporto della tesi interpretativa dell’articolo 118 in tema di subappalto necessario.

 

Si tratta della sentenza della sezione V del Consiglio di Stato 21 novembre 2012 n. 5900, nella quale è affermato che allorché "il subappalto consente di supplire alla mancanza di un requisito di partecipazione, il nominativo del subappaltatore doveva essere indicato già al momento della presentazione della domanda di partecipazione. (…) Invero, l'orientamento giurisprudenziale prevalente afferma giustappunto che la previsione di cui all'art. 118, secondo comma, del codice degli appalti debba essere intesa nel senso che la dichiarazione in questione possa essere limitata alla mera indicazione della volontà di concludere un subappalto nelle sole ipotesi in cui il concorrente sia a propria volta in possesso delle qualificazioni necessarie per l'esecuzione in via autonoma delle lavorazioni oggetto dell'appalto, ossia nelle sole ipotesi in cui il ricorso al subappalto rappresenti per lui una facoltà, non la via necessitata per partecipare alla gara; al contrario, la dichiarazione in questione deve contenere anche l'indicazione del subappaltatore, e la dimostrazione del possesso, da parte di quest'ultimo, dei requisiti di qualificazione, nelle ipotesi in cui il ricorso al subappalto si renda necessario a cagione del mancato autonomo possesso, da parte del concorrente, dei necessari requisiti di qualificazione" (da ultimo C. di S., VI, 2 maggio 2012, n. 2508; nello stesso senso V, 20 giugno 2011, n. 3698; implicitamente, VI, 29 dicembre 2010, n. 9577; IV, 12 giugno 2009, n. 3696, che escludono conseguenze a carico dell'appaltatore il quale non identifichi il subappaltatore nel caso in cui egli sia autonomamente legittimato a svolgere le prestazioni richieste).

 

Si legge nella sentenza in analisi che il ragionamento opposto a quello appena riassunto, seguito dal giudice di prime cure, si fonda sul principio di tipicità delle cause di esclusione dai pubblici appalti, che escluderebbe la possibilità di impedire la partecipazione ad una gara sulla base di un presupposto non esplicitamente disciplinato dal bando. Siffatta tesi non è condivisa dai giudici di legittimità.

 

Osserva in primo luogo la V sezione che la normativa di gara debba sempre essere integrata dalle norme di legge direttamente applicabili anche se non espressamente richiamate (C. di S., V, 13 maggio 2011, n. 2890; C.G.A., Sezione giurisdizionale, 29 luglio 2005, n. 487) e che le gare d'appalto sono aperte a soggetti professionali, che quindi non possono addurre quale scusante l'ignoranza di disposizioni che regolano la loro attività quotidiana.