L’indicazione dei criteri contenuta nel bando non può essere (e comunque può non essere) tanto minuziosa da esaurire ogni margine di discrezionalità, tanto da rendere vincolata l’attività della commissione.
Peraltro, se la commissione dispone di margini di discrezionalità nella valutazione delle offerte (pur nell’ambito dei criteri dettati dal bando), ciò comporta che può adottare atti di autolimitazione della discrezionalità. Ed invero, dove vi è un potere discrezionale (e non importa che i suoi margini siano più o meno ristretti) vi è anche, inevitabilmente, lo spazio per atti di autolimitazione della discrezionalità.
Lo asserisce il Consiglio di Stato (Sez. III, 27 settembre 2012 n. 5111), il quale rileva che anzi, in un certo senso, un momento di autolimitazione è sempre presente nella fase iniziale dell’esercizio della discrezionalità (quanto meno, se la discrezionalità non degenera in arbitrio).
Semmai, la distinzione è fra i casi nei quali l’atto di autolimitazione viene formalizzato ed esternato, e quelli nei quali viene mantenuto in pectore per essere poi applicato di fatto.
Non può risolversi in vizio invalidante la circostanza che quell’atto di autolimitazione, invece che rimanere serbato in pectore, sia stato reso di pubblica ragione.
La formalizzazione giova alla trasparenza e alla sindacabilità delle valutazioni conclusive. |