Ennesima puntata della questione avvalimento e certificato di qualità.
Questa volta è il TAR Lazio (Roma sez. I ter 24 aprile 2013 n. 4130) a pronunciarsi sull’argomento, affermando che l'avvalimento della certificazione di qualità non è consentito ad eccezione delle ipotesi in cui la stessa sia compresa nell'attestazione SOA.
Il Tribunale laziale condivide l'orientamento dell'Autorità, espresso con determinazione n. 2 in data 1 agosto 2012 (in linea con precedenti pareri: n. 254 del 10 dicembre 2008; n. 64 del 20 maggio 2009; n. 80 del 5 maggio 2011; n. 97 del 19 maggio 2011), con la quale è stato affermato che: "… l'intima correlazione tra l'ottimale gestione dell'impresa nel suo complesso ed il riconoscimento della qualità rende la certificazione in questione un requisito connotato da un'implicita soggettività e, come tale, non cedibile ad altre organizzazioni se disgiunta dall'intero complesso aziendale in capo al quale è stato riconosciuto il sistema di qualità".
Del resto, lo stessa giurisprudenza favorevole al ricorso all'avvalimento per dimostrare il possesso della certificazione della qualità non ha potuto fare a meno di osservare - a fronte dell'astratta operatività generale dell'avvalimento - che "non può essere trascurata l'evidente difficoltà pratica di dimostrare, in concreto, l'effettiva disponibilità di un requisito che, per le sue caratteristiche, è collegato all'intera organizzazione dell'impresa, alle sue procedure interne, al bagaglio delle conoscenze utilizzate nello svolgimento delle attività", concludendo nel senso che "è onere della concorrente dimostrare che l'impresa ausiliaria non si impegna semplicemente a prestare il requisito soggettivo richiesto, quale mero valore astratto, ma assume l'obbligazione di mettere a disposizione dell'impresa ausiliata, in relazione all'esecuzione dell'appalto, le proprie risorse e il proprio apparato organizzativo, in tutte le parti che giustificano l'attribuzione del requisito di qualità (a seconda dei casi: mezzi, personale, prassi e tutti gli altri elementi aziendali qualificanti)" (Cons. Stato, Sez. III, 18 aprile 2011, n. 2344).
Al riguardo, come osservato dall'Autorità con Parere n. 6 dell’8 febbraio 2012, "è del tutto evidente … che se, in concreto, l'impresa ausiliaria che presta la propria certificazione di qualità fosse obbligata a mettere a disposizione dell'ausiliata le proprie risorse e il proprio apparato organizzativo, in tutte le parti che giustificano l'attribuzione del requisito di qualità, l'impresa principale (quella ausiliata) sarebbe titolare solo formalmente del rapporto contrattuale con l'ente appaltante, assumendo, la funzione di intermediario o, al massimo, quella di supervisione e di coordinamento dell'attività dell'impresa ausiliaria.
Ciò, invero, produrrebbe una scissione tra la titolarità formale del contratto e la materiale esecuzione dello stesso, che sarebbe la logica conseguenza della carenza, in capo all'impresa concorrente (e titolare del contratto), dei requisiti necessari per partecipare alla gara e, quindi, per eseguire la prestazione.
Tale risultato, però, è in evidente contrasto con l'art. 49, comma 10, del d.lgs. n. 163/2006 secondo cui il contratto è eseguito in ogni caso dall'impresa che partecipa alla gara e l'impresa ausiliaria può solo assumere il ruolo di subappaltatore nei limiti dei requisiti prestati, nonché in conflitto con l'art. 118 del Codice che fissa dei limiti ben precisi alla quantità di prestazioni subappaltabili, non essendo ammissibile il subappalto dell'intera prestazione dedotta nel contratto d'appalto, e con l'art. 1655 c.c. in quanto l'avvalente, nella prospettata ipotesi di messa a disposizione dell'intera organizzazione aziendale dell'impresa ausiliaria, verrebbe in realtà ad eseguire il contratto di appalto senza assumere 'l'organizzazione dei mezzi necessari' propria del singolo appaltatore.". |