Consiglio di Stato: quando il reato incide sulla moralità professionale


L’articolo 38 comma 1 lett. c) del Codice dei contratti pubblici impone alla stazione appaltante di eseguire una specifica valutazione del precedente penale oggetto di dichiarazione, in relazione alla sussistenza di due autonomi e concorrenti elementi: la gravità del reato e la sua incidenza sulla moralità professionale.

 

La mancanza di uno dei due suddetti elementi, quindi, rende privo di effetti, per i fini considerati, l’eventuale sussistenza dell’altro e, al contempo, ognuno di essi necessita, ai fini dell’esclusione dell’impresa dalla gara, di una puntuale ed adeguata valutazione da parte della stazione appaltante.

 

In buona sostanza, la sola gravità non è di per sé sufficiente ad integrare la causa di esclusione prevista dal richiamato articolo 38 del Codice, laddove il reato commesso sia insuscettibile di incidere sulla moralità professionale del concorrente e, di converso, l’astratta incidenza sulla moralità professionale non integra la suddetta causa, quando il reato medesimo non risponda al requisito della oggettiva gravità.

 

Peraltro, l’amministrazione, nel valutare tali elementi, pur non potendo prescindere dalla vincolatività della sentenza quanto ai fatti accertati dal giudice penale, deve comunque acclarare in via autonoma la sussistenza della gravità e della incidenza del reato commesso, tenendo conto anche degli spazi non coperti dal giudicato che pure emergano in maniera obiettiva ed in equivoca (Consiglio di Stato sez. V 21 ottobre 2013 n. 5122).