E’ stata pubblicata in G.U. n. 261 del 10 novembre 2014, la legge 30 ottobre 2014 n. 161 recante “Disposizioni per l’adempimento degli obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione europea”, cd. Legge europea 2013-bis.
Di sicuro interesse per il settore dei lavori pubblici sono le modifiche introdotte al Codice dei contratti.
Vediamo nel dettaglio di cosa si tratta.
La prima modifica riguarda la possibilità per il progettista di partecipare alla gara per la realizzazione dell’opera e ha ad oggetto l’articolo 90 del Codice.
In virtù di tale modifica il divieto di affidamento dei contratti di lavori pubblici agli affidatari del relativo incarico di progettazione non si applica laddove i progettisti possano dimostrare che l'esperienza acquisita nell'ambito dell'espletamento dell'incarico non determina un vantaggio rispetto agli altri concorrenti.
L’introdotta modifica è volta a superare il caso EU Pilot 4680/13/MARK78 aperto nel marzo del 2013 dalla Commissione europea, la quale ha chiesto alle autorità italiane chiarimenti in merito alla compatibilità con il diritto dell’UE dell’art. 90, comma 8, del Codice dei contratti pubblici (D.lgs. 12 aprile 2006, n. 163).
La seconda modifica riguarda, invece, l’articolo 49 del Codice in tema di avvalimento, del quale la Legge Europea ha integralmente sostituito il comma 6.
Con la nuova veste dell’articolo 49 viene consentita, in via generale, alle imprese concorrenti, nelle gare per l'aggiudicazione di un appalto pubblico, di avvalersi di più imprese ausiliarie, al fine di raggiungere la classifica richiesta nel bando di gara (avvalimento cosiddetto multiplo o plurimo).
La modifica introdotta all’articolo 49 del Codice dei contratti è volta alla tutela del principio della concorrenza tra imprese negli appalti pubblici e della partecipazione delle piccole e medie imprese negli appalti; in base a questi principi, viene adeguata la normativa nazionale, in attuazione della sentenza della Corte di giustizia europea del 10 ottobre 2013 (causa C-94/12), che ha dichiarato incompatibile con gli articoli 47, paragrafo 2, e 48, paragrafo 3, della direttiva 2004/18/UE, la disposizione nazionale stabilita dall'articolo 49, comma 6, del decreto legislativo 163/2006 (Codice dei Contratti), che vieta, in via generale, alle imprese che partecipano ad una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico di lavori di avvalersi per la stessa categoria di qualificazione delle capacità di più imprese.
L’ultima novità non introduce specifiche modifiche al Codice dei contratti ma chiarisce alcuni dubbi interpretativi per l'applicazione della direttiva 2000/35/CE, che disciplina i ritardi nei pagamenti tra privati, e fra le pubbliche amministrazioni e i privati.
L'intervento normativo è volto a risolvere le contestazioni sollevate dalla Commissione europea nell’ambito del caso EU Pilot 5216/13/ENTR80. In particolare, la Commissione ha sollevato rilievi in merito a tre aspetti del decreto legislativo 9 novembre 2012, n. 192 - che introduce modifiche al decreto legislativo 9 ottobre 2002, n. 231 - con il quale l’Italia ha dato recepimento alla direttiva 2011/7/CE relativa alla lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali: essi sono affrontati nei tre commi di cui si compone l'articolo 24 della Legge europea 2013-bis.
Il comma 1 reca una norma di interpretazione autentica della definizione di transazioni commerciali fornita dall’articolo 2, comma 1, lettera a) del decreto legislativo 9 ottobre 2002, n. 231, come sostituito dal decreto legislativo 9 novembre n. 192/2012. La definizione di “transazioni commerciali” ricomprende i contratti, comunque denominati, tra imprese ovvero tra imprese e pubbliche amministrazioni, che comportano, in via esclusiva o prevalente, la consegna di merci o la prestazione di servizi contro il pagamento di un prezzo.
La norma in esame esplicita che, all’interno delle transazioni commerciali così definite, sono ricompresi anche i contratti pubblici di lavori, servizi e forniture.
Il comma 2, poi, chiarisce che le norme relative ai termini di pagamento e al tasso degli interessi dovuto in caso di ritardato pagamento contenute sia nel Codice dei contratti che nel regolamento di attuazione n. 207/2010 o in altre leggi che siano difformi da quanto previsto in sede di recepimento della direttiva si applicano soltanto se maggiormente favorevoli ai creditori.
Il comma 3 interviene, poi, con alcune modifiche nel citato decreto n. 231/2002, anzitutto prevedendo una clausola di salvaguardia in ordine al periodo di pagamento.
Il testo poi modifica una delle motivazioni che possono condurre a fissare un termine di pagamento superiore a quello previsto dalla normativa generale sulle transazioni commerciali, nel caso in cui il debitore sia una pubblica amministrazione. Viene anche introdotto l’articolo 7-bis relativo alle cd. “Prassi inique”.
Specificatamente, è disciplinato il diritto al risarcimento del danno per le “prassi” relative al termine di pagamento, al saggio degli interessi moratori o al risarcimento per i costi di recupero, quando risultano gravemente inique per il creditore. |