ANAC: indicazioni in tema di cauzione provvisoria e definitiva


Con Determina del 29 luglio 2014 n. 1 pubblicata sulla (G.U. 14 agosto 2014 n. 188), l’ANAC affronta alcune problematiche in ordine all'uso della cauzione provvisoria e definitiva (articoli 75 e 133 del Codice), rendendo indicazioni operative per il superamento delle stesse. Ecco i passaggi salienti della posizione dell’Autorità in relazione alle problematiche esaminate.

 

Applicabilità degli articoli 75 e 113 ai settori speciali.

 

Le disposizioni normative di cui agli articoli 75 e 113 del Codice in tema di cauzioni negli appalti pubblici, ai sensi dell’art. 206 del medesimo Codice, non rientrano tra le norme di diretta applicazione ai settori cd. «speciali». Tuttavia, allorché un’impresa pubblica o organismo di diritto pubblico attivi nei settori speciali decidono di richiedere una cauzione, provvisoria o definitiva, necessariamente devono trovare applicazione i principi stabiliti all’art. 2 del Codice, di cui gli articoli 75 e 113. In questo senso, l’operazione di applicare «altre» regole rispetto a quelle elencate nell’art. 206 non può condurre le stazioni appaltanti a dettare regole «più severe e più stringenti» che, anziché semplificare e aprire la partecipazione limitino, di fatto, l’ambito partecipativo, vanificando la stessa specialità per come intesa dal legislatore (Parere del Consiglio di Stato al Codice dei contratti Sezione consultiva - Adunanza del 6 febbraio 2006).

 

In buona sostanza la discrezionalità accordata dal legislatore agli enti aggiudicatori che indicono appalti nei settori speciali incontra necessariamente dei limiti, poiché se da un lato consente di gestire le procedure di gara in modo più elastico e semplificato, dall’altro é chiaro che tale discrezionalità deve essere gestita secondo criteri non discriminatori, di logicità e ragionevolezza, rispettando il principio di proporzionalità e di congrua motivazione, rispettando altresì i principi e le disposizioni comuni a tutti gli appalti sia dei settori ordinari che di quelli speciali per come definiti nell’art. 2, comma 1 del Codice.

 

Viceversa, nel contenuto dei bandi, si riscontra una prassi largamente diffusa tra le stazioni appaltanti di richiedere dei requisiti che potrebbero produrre discriminazioni tra i concorrenti impedendo un corretto svolgimento delle procedure. Le stazioni appaltanti, infatti:

 

a)    tendono a limitare la scelta dei soggetti garanti, includendo solo banche o banche e assicurazioni ed escludendo l’estensione agli intermediari finanziari iscritti negli appositi albi (ex art. 107 del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, TUB) tenuti dalla Banca d’Italia (vd. par. 3);

 

b)    richiedono il possesso di determinati livelli di rating, come assegnati dalle principali agenzie internazionali (vd. par. 4). Inoltre, le imprese di assicurazione contestano la previsione di richiedere che le garanzie siano prestate nella forma del «contratto autonomo di garanzia», ossia nei termini di garanzia da escutersi a prima richiesta e senza eccezioni (vd. par. 5).

 

Le imprese, soprattutto di dimensioni medio piccole, lamentano dal canto loro di essere penalizzate dalle indicazioni operative sopra richiamate e dal rifiuto, di fatto, delle imprese di assicurazione di accettare di sottoscrivere un contratto autonomo di garanzia; ciò le porrebbe in una situazione di svantaggio nella competizione in violazione del principio di ampia partecipazione alle procedure selettive.

 

Sull’esclusione delle garanzie degli intermediari finanziari.

 

Gli intermediari finanziari sono stati definitivamente abilitati a prestare la garanzia di esecuzione del contratto dalla modifica al Codice introdotta dal decreto legislativo n. 113 del 2007 (secondo decreto correttivo). La Banca d’Italia ha segnalato un fenomeno «allarmante» rappresentato dalle gravi difficoltà incontrate dalle stazioni appaltanti, anche quelle attive nei settori ordinari, nell’escussione della garanzia prestata da alcuni intermediari finanziari.

 

Tuttavia, secondo l’ANAC, la normativa offre strumenti adeguati per la valutazione e il controllo dell’affidabilità dei soggetti che operano sul mercato, facendo venire meno le resistenze delle stazioni appaltanti ad estendere la previsione normativa che ammette la possibilità che la cauzione definitiva possa essere rilasciata dagli intermediari anche per gli appalti ricadenti nei settori speciali. In ogni caso si ritiene che persista la necessità di verificare la loro idoneità a rilasciare fideiussioni mediante l’inserimento degli estremi dell’autorizzazione.

 

Sulla richiesta di livelli elevati di rating.

 

Alcune stazioni appaltanti attive nei settori speciali ammettono sia per la cauzione provvisoria, sia per la cauzione definitiva, solo fideiubenti con un rating di lungo periodo uguale o superiore a determinati livelli stabiliti ad esempio da Fitch, Standard & Poor’s o Moody’s Investor Service.

 

In generale, le ragioni addotte dalle SA interpellate per giustificare la richiesta di rating ai garanti hanno evidenziato che nell’ottica dell’ente appaltante il «rating» e’ considerato quale elemento «tranquillizzante» sul livello del patrimonio di un’impresa o di una banca libero da impegni ed in grado di garantire la correttezza e l’affidabilità e, soprattutto, la solvibilità dello stesso fideiussore.

 

La richiesta di rating ai garanti inserita nei bandi di gara appare secondo l’ANAC in grado di discriminare, perché determina disparità tra i soggetti che operano nel mercato creditizio/finanziario (intermediari, banche, assicurazioni) e potrebbe limitare la partecipazione alle gare delle imprese che segnalano difficoltà a reperire le garanzie necessarie per accedere alla gara d’appalto.

 

Ciò in quanto, per quel che riguarda il mercato finanziario, alcuni possibili fideiussori, anche se in possesso di margini di solvibilità elevati, non sempre hanno un rating, in quanto non procedono al collocamento di titoli sul mercato; inoltre, come confermano anche i pareri espressi dalla Banca d’Italia e dall’ABI, non sempre il rating costituisce un indice certo di riferimento nella stima dei parametri rilevanti per la determinazione dei requisiti patrimoniali di un dato soggetto. In ogni caso, anche ammessa la legittimità di introdurre vincoli sulla natura e qualità dei fideiussori, attualmente non consentita dal Codice, il rating non rappresenta un criterio di valutazione attendibile per stabilire la solvibilità dell’azienda.

 

L’Autorità nella Determinazione n. 2 del 13 marzo 2013, rubricata «Questioni concernenti l’affidamento dei servizi assicurativi e di intermediazione assicurativa», ha osservato che, piuttosto che valutare la qualità delle imprese di assicurazione sulla base del rating, e’ preferibile ricorrere ad altri indicatori quali l’indice di solvibilità, congiuntamente alla raccolta premi specifica.

 

In conclusione, la richiesta da parte delle Stazioni appaltanti di rating pari o superiore ad un determinato minimo attribuito dalle società di certificazione internazionale e’ una previsione che si pone in violazione dei principi di cui all’art. 2 del Codice. Infatti, introduce restrizioni non previste dal Codice che non appaiono neppure correlate e proporzionate con gli obiettivi che si intende perseguire. I correttivi introdotti da talune amministrazioni aggiudicatrici alleviano leggermente gli effetti delle restrizioni poste, ma non appaiono sufficienti a garantire condizioni di pari concorrenza tra le imprese sul mercato.

 

Sul contratto autonomo di garanzia.

 

Secondo l’Autorità , la richiesta di rilascio di garanzie dal contenuto di contratto autonomo appare compatibile con quanto previsto in materia dal Codice.

 

La normativa primaria, riferibile ai settori ordinari, con riferimento alla «cauzione definitiva» stabilisce al comma 2 dell’art. 113, analogamente a quanto già stabilito dall’art. 75, comma 4, che le garanzie a corredo dell’offerta rechino le seguenti clausole:

 

1)    la rinuncia al beneficio della preventiva escussione del debitore principale;

 

2)    la rinuncia, all’eccezione di cui all’art. 1957 c.c., comma 2, e cioe’ all’eccezione di intervenuta scadenza della fideiussione;

 

3)    l’operatività della garanzia medesima entro quindici giorni, a semplice richiesta scritta della stazione appaltante.

 

Può, dunque, dirsi che il legislatore ha inteso chiaramente attribuire alla cauzione la forma di garanzia sostanzialmente autonoma ed astratta, a differenza della fideiussione, priva del vincolo dell’accessorietà, al fine di tutelare la fase di esecuzione del contratto e, quindi, gli interessi pubblici e le esigenze della stazione appaltante.

 

Sullo svincolo della cauzione.

 

Per gli appalti di lavori, la cauzione definitiva è progressivamente svincolata, in base al combinato disposto di cui agli art. 123, comma 1 del Regolamento e 113 del Codice. Essa garantisce l’esecuzione del contratto, e potrà essere escussa nei limiti del danno effettivo e delle ulteriori voci previste dall’art. 123 del Regolamento, ferma restando la possibilità di agire per il maggior danno, ove la somma accantonata non sia sufficiente. Il suo svincolo è legato allo stato di avanzamento dei lavori nei limiti dell’80% dell’importo garantito e alla consegna al garante del certificato relativo allo stato di avanzamento lavori.

 

E’ rimessa invece alla stazione appaltante la decisione circa l’importo da svincolare, nonché con riguardo alla fase temporale in cui svincolare, atteso che gli unici parametri offerti dal legislatore sono in ordine all’andamento progressivo dello svincolo e all’ammontare massimo dello stesso.

 

Il residuo 20% permane oltre la conclusione dei lavori, fino alla cessazione di efficacia della cauzione, che interviene solo alla data di emissione del certificato di collaudo o della verifica di conformità in caso di servizi o forniture, ai sensi dell’art. 324 del Regolamento. La durata della garanzia deve permanere fino a 12 mesi dalla data di ultimazione dei lavori risultante dal relativo certificato (art. 123, comma 1 Regolamento).

 

Lo svincolo progressivo risponde al principio di proporzionalità e rappresenta un utile sistema per evitare agli appaltatori aggravi economici ingiustificati.

 

L’Autorità, come già specificato nella deliberazione n. 85 del 10 ottobre 2012, ritiene che tali previsioni siano direttamente applicabili anche agli appalti di servizi e forniture. In tale deliberazione si e’, infatti, osservato che «pur non essendo previsto espressamente un meccanismo di svincolo progressivo della cauzione definitiva equivalente a quello previsto dall’art. 113 del codice e disciplinato dall’art. 194 del d.p.r. n. 207/2010 (stato di avanzamento lavori), lo stesso puo’ trovare applicazione anche nel settore dei servizi e delle forniture. Pertanto, ai fini dello svincolo parziale della polizza fideiussoria, puo’ sopperire un’analoga attestazione sullo stato di esecuzione del servizio o della fornitura emessa dalla stazione appaltante su richiesta dell’operatore, da produrre all’istituto bancario o assicurativo che ha prestato la garanzia fideiussoria».

 

Rammenta infine l’ANAC che, sempre in materia di collaudo, ma con maggiore attenzione ai lavori specie quelli relativi all’alta velocità, il legislatore ha introdotto l’art. 237-bis del Codice (art. 34-bis del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito con modifiche dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221), che prevede lo svincolo della cauzione, per un importo pari ad almeno l’80% per le opere realizzate nell’ambito dell’appalto che siano, in tutto o in parte, poste in esercizio prima del relativo collaudo tecnico-amministrativo, e per le quali vi sia stato un esercizio protratto per oltre un anno.

 

Lo svincolo è automatico e l’ente aggiudicatore può opporsi allo stesso, con le modalità e con le motivazioni di cui al comma 2 del richiamato articolo.