E’ noto che le associazioni di settore sono legittimate a difendere in sede giurisdizionale gli interessi di categoria di soggetti di cui hanno la rappresentanza, con l'unico limite costituito dal divieto di occuparsi di questioni concernenti singoli iscritti, ovvero capaci di dividere e frantumare la categoria in posizioni disomogenee o addirittura contrapposte.
Lo afferma il TAR Lazio (Roma sez. II 8 gennaio 2015 n. 186), secondo cui l'interesse collettivo deve, infatti, identificarsi con l'interesse di tutti gli appartenenti alla categoria unitariamente considerata, e non già con gli interessi di singoli associati o di loro sottogruppi.
Inoltre, la legittimazione di un'associazione di categoria a proporre ricorso va scrutinata in relazione all'interesse astrattamente perseguito, restando irrilevante la ricorrenza in concreto di un potenziale, occasionale o meramente fattuale conflitto di interessi con singoli esponenti della categoria o associati (cfr. TAR Lazio, sez. II^, sentenza n. 7516 del 4 settembre 2012). E’ comunque preclusa la sollecitazione del sindacato giurisdizionale con riferimento a fattispecie di tutela giudiziale riferita alla astratta legalità dell'azione amministrativa, non essendo le associazioni, allo stato attuale, legittimate ad agire per la difesa “obiettiva” dell'ordinamento violato, ma solo a presidio di situazioni soggettive concretamente e direttamente incise dalle violazioni del diritto (cfr. Consiglio di Stato, sez. VI, 10 marzo 2011 n. 1540).
Nel caso in esame – concludono i giudici capitolini - l’inammissibilità del ricorso deriva dal fatto che la tutela richiesta è di fatto riferibile soltanto ad alcuni dei soggetti rappresentati, con esclusione degli altri e cioè di quelli che hanno risposto all’invito ad offrire. |