TAR Puglia: in tema di revisione prezzi


L’art. 115 del Codice, laddove stabilisce che tutti i contratti devono contenere una clausola di revisione prezzi, non stabilisce (salvo che per i profili relativi all’istruttoria) quali contenuti debba avere tale clausola e quindi demanda la relativa disciplina alle parti che, nell’ambito dell’autonomia negoziale espressione del più generale principio di autoderminazione contrattuale, possono pertanto inserire clausole contrattuali (ad esempio di decadenza) che impongono specifici termini in ordine all’esercizio del diritto alla revisione.  

 

Lo afferma il TAR Puglia Lecce (sez. I 19 giugno 2015 n. 2099 che richiama il precedente del medesimo collegio n. 1929/2014), rilevando che le clausole di decadenza inserite nel contratto sono del tutto coerenti con i principi generali che regolano i contratti in generale, quali il principio di correttezza che caratterizza l’intera dinamica contrattuale, dalle trattative (art. 1337 c.c.) a tutta l’esecuzione del contratto (art. 1375 c.c.), risultando infatti del tutto ragionevole e conforme a buona fede pretendere che il creditore (nel caso in esame il concessionario), nel rivendicare i propri diritti verso il debitore, lo faccia con modalità (tra cui la tempestività nella richiesta), tali da non aggravare la posizione della controparte.

 

Tuttavia quanto all’aspetto della documentazione della richiesta da parte dell’impresa, deve rilevarsi che l’art 115 codice appalti prevede che: “Tutti i contratti ad esecuzione periodica o continuativa relativi a servizi o forniture debbono recare una clausola di revisione periodica del prezzo. La revisione viene operata sulla base di una istruttoria condotta dai dirigenti responsabili dell'acquisizione di beni e servizi sulla base dei dati di cui all'articolo 7, comma 4, lettera c) e comma 5”.

 

Da tale disposizione si evincono due principi fondamentali in materia di revisione e cioè che ogni contratto ad esecuzione periodica o continuativa deve obbligatoriamente contenere una clausola di revisione periodica del prezzo e che l’istruttoria per determinare l’ammontare della revisione spetta all’amministrazione, sicché l’ente non potrà demandare all’impresa concessionaria di dimostrare la sussistenza dei presupposti per il riconoscimento della revisione, spettando ad esso il compito di compiere gli accertamenti a tal fine necessari, compresa l’acquisizione dei relativi documenti, pena la nullità per contrarietà con l’art. 115 codice appalti di tutte quelle clausole contrattuali che impongano oneri di produzione documentale in capo all’impresa per dimostrare il suo diritto alla revisione, non richiesti dalla legge. I giudici salentini evidenziano altresì che, ai sensi dell’articolo 115 del Codice, “la revisione viene operata sulla base di una istruttoria condotta dai dirigenti responsabili dell'acquisizione di beni e servizi sulla base dei dati di cui all'articolo 7, comma 4, lettera c) e comma 5 cod. app.”.

 

  L’art. 7 comma 4 lettera c) del Codice prevede che “la sezione centrale dell'Osservatorio dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture deve determinare annualmente costi standardizzati per tipo di servizio e fornitura in relazione a specifiche aree territoriali, facendone oggetto di una specifica pubblicazione, avvalendosi dei dati forniti dall'ISTAT, e tenendo conto dei parametri qualita' prezzo di cui alle convenzioni stipulate dalla CONSIP, ai sensi dell'articolo 26, legge 23 dicembre 1999, n. 488”.

 

L’art. 7 comma 5 del Codice dispone, infine, infine che “Al fine della determinazione dei costi standardizzati di cui al comma 4, lettera c), l'ISTAT, avvalendosi, ove necessario, delle Camere di commercio, cura la rilevazione e la elaborazione dei prezzi di mercato dei principali beni e servizi acquisiti dalle amministrazioni aggiudicatrici, provvedendo alla comparazione, su base statistica, tra questi ultimi e i prezzi di mercato. Gli elenchi dei prezzi rilevati sono pubblicati nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana, con cadenza almeno semestrale, entro il 30 giugno e il 31 dicembre”.

 

Tuttavia – osserva il TAR - la disciplina dettata dalla normativa appena citata non ha ancora avuto attuazione per la parte in cui prevede l'elaborazione, da parte dell'Istat, di particolari indici concernenti il miglior prezzo di mercato desunto dal complesso delle aggiudicazioni di appalti di beni e servizi, rilevate su base semestrale, sicché la lacuna va colmata mediante il ricorso all'indice F.O.I., con la precisazione, in ogni caso, che l'utilizzo di tale parametro non esime la stazione appaltante dal dovere di istruire il procedimento tenendo conto di tutte le circostanze del caso concreto al fine di esprimere la propria determinazione discrezionale, ma segna il limite massimo oltre il quale, salvo circostanze eccezionali che devono essere provate dall'impresa, non può spingersi nella determinazione del compenso revisionale (cfr. tra le tante, Consiglio di Stato, sez. V, 8 maggio 2002 n. 2461; Consiglio di Stato, sez. V, 13 dicembre 2002 n. 4801; Consiglio di Stato, sez. V, 16 giugno 2003, n. 3373).