L’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato con decisione del 2 novembre 2015 n. 9 ha chiuso, in modo pienamente condivisibile, la querelle giurisprudenziale in tema di subappalto necessario.
Si legge nella pronuncia che, a fronte di un sistema di regole chiaro e univoco, restano precluse opzioni ermeneutiche additive, analogiche, sistematiche o estensive, che si risolverebbero, a ben vedere, nell’enucleazione di una regola non scritta (la necessità dell’indicazione del nome del subappaltatore già nella fase dell’offerta) che (quella sì) configgerebbe con il dato testuale della disposizione legislativa dedicata alla definizione delle condizioni di validità del subappalto (art.118, comma 2, d.lgs. cit.) e che, nella catalogazione (esauriente e tassativa) delle stesse, non la contempla.
Dall’esame della vigente normativa di riferimento può, in definitiva, identificarsi il paradigma (riferito all’azione amministrativa, ma anche al giudizio della sua legittimità) secondo cui l’indicazione del nome del subappaltatore non è obbligatoria all’atto dell’offerta, neanche nei casi in cui, ai fini dell’esecuzione delle lavorazioni relative a categorie scorporabili a qualificazione necessaria, risulta indispensabile il loro subappalto a un’impresa provvista delle relative qualificazioni (nella fattispecie che viene comunemente, e, per certi versi, impropriamente definita come “subappalto necessario”).
La statuizione dell’adempimento in questione finirebbe, inoltre, per costituire una clausola espulsiva atipica, in palese spregio del principio di tassatività delle cause di esclusione (codificato all’art..46, comma 1-bis, d.lgs. cit.).
Se è vero, infatti, che la latitudine applicativa della predetta disposizione è stata decifrata come comprensiva anche dell’inosservanza di adempimenti doverosi prescritti dal codice, seppur non assistiti dalla sanzione espulsiva (cfr. Ad. Plen. n. 9 e n. 16 del 2014), è anche vero che l’applicazione di tale principio esige, in ogni caso, l’esistenza di una prescrizione legislativa espressa, chiara e cogente (nella fattispecie non rintracciabile nel codice dei contratti pubblici).
La tesi favorevole all’affermazione dell’obbligo in questione comporterebbe, peraltro, una confusione tra avvalimento e subappalto, nella misura in cui attrae il rapporto con l’impresa subappaltatrice nella fase della gara, anziché in quella dell’esecuzione dell’appalto, con ciò assimilando due istituti che presentano presupposti, finalità e regolazioni diverse, ma senza creare il medesimo vincolo dell’avvalimento e senza assicurare, quindi, alla stazione appaltante le stesse garanzie contrattuali da esso offerte. |