Nelle valutazioni che non si basano su calcoli scientifici o su discipline mutuate dalle scienze esatte (ma su opinioni, per quanto illuminate dall’autorevolezza di chi è chiamato ad esprimerle), vi è sempre un margine di giudizio che dipende da percezioni (frutto di intuizione e/o di esperienza), e/o da sensibilità e abilità cognitive soggettive, difficilmente esternabili mediante espressioni verbali puntuali e precise.
Proprio per tale ragione qualora si ritenga che la valutazione debba fondarsi (esclusivamente o preminentemente) su percezioni di tal genere, si ricorre all’uso del voto numerico (che, infatti, è cosa ben diversa dal risultato di un computo o di un calcolo matematico).
E sempre per tale ragione, la giurisprudenza afferma pacificamente che l’espressione del voto numerico costituisce - nel caso di legittima scelta di tale metodo - una “tecnica motivazionale” legittima.
E’ quanto affermato dal Consiglio di Stato (sez. III 30 settembre 2015 n. 4578), il quale conclude rilevando che il metodo dell’attribuzione del giudizio mediante voto numerico implica la valorizzazione delle percezioni e degli apprezzamenti personali di chi è chiamato ad esprimere la valutazione; percezioni:
- che non sono efficacemente esternabili (o esternabili con successo) in forme verbali (sintatticamente predicative);
- e che non sono preventivamente orientabili né controllabili
- se non a rischio di neutralizzare la discrezionalità e l’indipendenza dei giudicanti - mediante la definizione di un analitico quadro di previsioni di dettaglio volte a fissare uno specifico punteggio o coefficiente numerico (o a fissare espressioni verbali tipiche e convenzionali) per ciascun ipotetico caso.
Sicché è fin troppo evidente che l’attribuzione del voto numerico costituisce - di regola e fisiologicamente - il momento culminante di una valutazione ampiamente soggettiva. |