Secondo l’Autorità, sebbene sia difficoltoso per le stazioni appaltanti stimare i proventi del servizio poiché provengono interamente dagli utenti e non da chi bandisce la gara, nondimeno l’esatta determinazione del valore dell’affidamento assume rilievo sotto molteplici aspetti: è essenziale per poter fornire una corretta informazione agli operatori economici potenzialmente interessati a prestare il servizio; serve ad individuare con esattezza la forma di pubblicità idonea; è necessaria per determinare l’entità delle cauzioni e del contributo dovuto all’Autorità.
Lo rimarca il Consiglio di Stato (sez. III 18 ottobre 2016 n. 4343), rilevando come già nella Deliberazione n. 9 del 25 febbraio 2010, l’Autorità aveva precisato che: “Come è noto, ai sensi dell’art. 29, commi 1, invece, “il calcolo del valore stimato degli appalti pubblici e delle concessioni di lavori o servizi pubblici è basato sull'importo totale pagabile al netto dell'IVA, valutato dalle stazioni appaltanti. Questo calcolo tiene conto dell'importo massimo stimato, ivi compresa qualsiasi forma di opzione o rinnovo del contratto”.
Per le concessioni in particolare, nella nozione di “importo totale pagabile” è sicuramente da ricomprendere il flusso dei corrispettivi pagati dagli utenti per i servizi in concessione. Infatti, così come nella stessa nozione è ricompreso il corrispettivo pagato dalla stazione appaltante nel caso di appalto, qualora si tratti di una concessione, non essendovi un prezzo pagato dalla stazione appaltante, ma solo quello versato dagli utenti, sarà quest’ultimo a costituire parte integrante dell’ “importo totale pagabile” di cui è fatta menzione nella norma sopra citata; il canone a carico del concessionario potrà, altresì, essere computato ove previsto, ma certamente proprio in quanto solo eventuale non può considerarsi l’unica voce indicativa del valore della concessione.
Ha poi precisato che la mancata indicazione del valore stimato degli appalti pone le imprese partecipanti alla gara in una situazione di estrema incertezza nella formulazione della propria offerta, rilevando che il calcolo relativo alla determinazione dell’importo del servizio oggetto di concessione deve essere effettuato in conformità a quanto previsto dall’art. 29, comma 1 del D.Lgs. 12 aprile 2006, n. 163, tenendo conto dei ricavi ipotizzabili in relazione alla sua futura gestione.
Ha precisato, infatti, l’Autorità che “l’esatto computo del valore del contratto, assume rilevanza anche per garantire condizioni di trasparenza, parità di trattamento e non discriminazione, ex art. 2, comma 1, D.Lgs. n. 163/06 che si traducono nell’informare correttamente il mercato di riferimento sulle complessive e reali condizioni di gara” (cfr. deliberazione AVCP n. 40 del 19 dicembre 2013).
Nel caso di specie, come già stigmatizzato dall’Autorità di Vigilanza, il valore della concessione non può essere computato con riferimento al c.d. “ristorno” e cioè al costo della concessione, che è un elemento del tutto eventuale, ma deve essere calcolato sulla base del fatturato generato dal consumo dei prodotti da parte degli utenti del servizio di distribuzione automatica. (…)
La correttezza di detto criterio di calcolo risulta confermata dalla previsione contenuta nella direttiva 2014/23/UE che ha stabilito all’art. 8, comma 2, rubricato “soglia e metodo di calcolo del valore stimato delle concessioni” che “…. Il valore di una concessione è costituito dal fatturato totale del concessionaria generato per tutta la durata del contratto, al netto dell’IVA, stimato dall’amministrazione aggiudicatrice o dall’ente aggiudicatore, quale corrispettivo dei lavori e dei servizi oggetto della concessione, nonché per le forniture accessorie a tali lavori e servizi. Tale valore stimato è valido al momento dell’invio del bando….”.
Inoltre, il comma 3 stabilisce che il valore della concessione deve essere calcolato secondo un metodo oggettivo specificato nei documenti della concessione, indicando poi gli stessi elementi di valutazione, consentendo alle imprese di poter verificare anche i criteri utilizzati dalla stazione appaltante per la sua commisurazione.
Detta disposizione è stata recepita nell’art. 167 del D.Lgs. n. 50/2016 (non applicabile al caso di specie ratione temporis). |