Si segnala un’interessante pronuncia del Consiglio di Stato in merito alla rilevanza pubblicistica dell’attività svolta da una società gestore aeroportuale e le relative implicazioni in termini di diretto di accesso (Consiglio di Stato sez. IV 20 ottobre 2016 n. 4372).
Si legge nella pronuncia che la situazione giuridicamente rilevante disciplinata dalla legge 7 agosto 1990, n. 241, per la cui tutela è attribuito il diritto di accesso è nozione diversa e più ampia rispetto all'interesse all'impugnativa e non presuppone necessariamente una posizione soggettiva qualificabile in termini di diritto soggettivo o di interesse legittimo. Con la conseguenza che la legittimazione all' accesso va riconosciuta a chiunque possa dimostrare che gli atti procedimentali oggetto dell'accesso abbiano spiegato o siano idonei a spiegare effetti diretti o indiretti nei suoi confronti, indipendentemente dalla lesione di una posizione giuridica, stante l'autonomia del diritto di accesso, inteso come interesse ad un bene della vita distinto rispetto alla situazione legittimante all'impugnativa dell'atto (Cons. Stato Sez. VI, 28-01-2013, n. 511).
L’accesso “serve” proprio a valutare se una certa azione sia proponibile con successo o meno: è posto a presidio del diritto di difesa, ma è utile - anche in un’ottica complessivamente mirante a deflazionare il contenzioso - ad evitare la proposizione di azioni “al buio”, temerarie, infondate.
Soltanto acquisita una compiuta cognizione di tutte le circostanze sottese a condotte umane, chi se ne senta leso può consapevolmente deliberare se gli è “conveniente” agire in giudizio, la plausibilità ed accoglibilità della propria eventuale domanda, etc
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Non si tratta soltanto di acquisire materiale probatorio; si tratta, a monte di verificare se per caso i dubbi sulla legittimità di una data condotta in realtà non abbiano ragione d’essere (e, quindi, in realtà il sospetto di avere subito un torto sia, in realtà, infondato).
Osservano quindi i giudici di legittimità che il sicuro rilievo pubblicistico dell’attività espletata dalla società gestore di uno scalo aeroportuale (si veda Consiglio di Stato sez. IV 09 febbraio 2015 n. 661), la “neutralità” della forma rivestita dall’ente che tali funzioni esercita, unitamente alla considerazione per cui (Consiglio di Stato, sez. III, 31/03/2016, n. 1261), ai sensi dell'art. 22 comma 1, l. 7 agosto 1990, n. 241, atti amministrativi soggetti all'accesso sono anche gli atti interni concernenti attività di pubblico interesse, indipendentemente dalla natura pubblicistica o privatistica della loro disciplina sostanziale, allo scopo di assicurare l'imparzialità e la trasparenza dell'azione amministrativa; di conseguenza la nozione "documento amministrativo" ricomprende tutti gli atti che siano stati trasmessi o, comunque, presi in considerazione nell'ambito di un procedimento amministrativo, ancorché di natura privatistica, purché correlati ad un'attività amministrativa” escludono la favorevole scrutinabilità di tali argomenti.
La disciplina legale della estensibilità dei documenti amministrativi pone anzitutto - sul piano oggettivo - un rapporto di regola/eccezione, nel senso che la regola è data dall'accesso, mentre le specifiche eccezioni, analiticamente indicate, costituiscono ipotesi derogatorie (la cui ratio che accomuna tali eccezioni è data dall'essere le stesse preordinate alla protezione di dati riservati in possesso dell'amministrazione - la cui divulgazione arrecherebbe pregiudizio alla tutela di interessi superindividuali - ovvero alla protezione della riservatezza di soggetti terzi).
Inoltre - si legge sempre nella pronuncia - per costante giurisprudenza amministrativa:
a) non solo l'attività puramente autoritativa, ma tutta l'attività funzionale alla cura di interessi pubblici è sottoposta all'obbligo di trasparenza e di conoscibilità da parte degli interessati, inclusi gli atti disciplinati dal diritto privato (Cons. St., A.P., 22.4.1999, n. 4); tale avveduta linea interpretativa della giurisprudenza amministrativa che ha inteso in senso estensivo ed evolutivo la portata della normativa in tema di trasparenza è stata confermata in via legislativa dalle modifiche apportate all'art. 23, l. n. 241 del 1990 dalle leggi 3 agosto 1999, n. 265 e n. 15 del 2005, con cui il legislatore si è spinto fino ad iscrivere, agli effetti dell'assoggettamento alla disciplina dell'accesso, tra le P.A. anche i soggetti non pubblici ma che svolgono attività di pubblico interesse; l'art. 22, lett. d), l. n. 241 del 1990 prevede, espressamente, che i documenti di cui si chiede l'ostensione deve riguardare l'attività di pubblico interesse, indipendentemente dalla natura pubblicistica o privatistica della loro disciplina sostanziale e, coerentemente, la lett. e), dello stesso articolo, prevede che anche i soggetti di diritto privato rientrano tra i soggetti obbligati all'ostensione, anche se limitatamente alla loro attività di pubblico interesse disciplinata dal diritto nazionale o comunitario;
b) le regole di trasparenza si applicano non solo alle pubbliche amministrazioni in senso stretto, ma anche ai soggetti privati chiamati all'espletamento di compiti di interesse pubblico, (Tar Bologna, sez. I, 22 gennaio 2015, n. 41 T .A.R. Lecce, sez. II, 10/07/2015, n. 2367) come i concessionari di pubblici servizi, società pubbliche ad azionariato pubblico, etc. (C.d.S., A.P. 5 settembre 2005, n. 5); è stato, poi, più volte precisato che ciò in quanto l'attività amministrativa, cui si correla il diritto di accesso di cui agli articoli 22 e seguenti della legge 7 agosto 1990, n. 241, concerne non solo quella di diritto amministrativo, ma anche quella di diritto privato posta in essere dai soggetti gestori di pubblici servizi che, pur non costituendo direttamente gestione del servizio, sia collegata a quest'ultima da un nesso di strumentalità, anche sul versante soggettivo, dall'intensa conformazione pubblicistica (C.d.S., sez. VI, 30 dicembre 2005, n. 7624; 26 gennaio 2006, n. 229; 22 maggio 2006, n. 2959); del resto anche gli atti disciplinati dal diritto privato rientrano nell'attività di amministrazione degli interessi della collettività e dunque sono soggetti ai principi di trasparenza e di imparzialità, non avendo in tal senso la legge stabilito alcuna deroga o zona franca (così, in passato C.d.S., sez. V, 8 giugno 2000, n. 3253).
I giudici di Palazzo Spada rilevano quindi l’infondatezza della censura volta a negare l’accesso sulla scorta della “qualità” privata del gestore, in quanto questi svolge attività di interesse pubblico e già da tempo risalente si individua la pubblica amministrazione, ai fini dell'accesso, anche nei soggetti di diritto privato che svolgano attività di pubblico interesse (cfr. sul principio TAR Lazio, Sezione II, 3 novembre 2009, n. 10762).
È del pari inaccoglibile quella incentrata sulla natura “privatistica” della documentazione richiesta, poiché essa potrebbe collocarsi al di fuori del perimetro dell’accesso unicamente laddove non sottesa ad una attività che è espressione di pubblico interesse (arg ai sensi di: T.A.R. Cagliari, -Sardegna-, sez. I, 27/10/2008 n. 1849).
Anche gli atti dispositivi delle aree aeroportuali devono corrispondere ai principi di trasparenza e buon andamento; principi che regolano tutta l'attività connotata da rilievo pubblicistico, in quanto tali atti sono direttamente connessi con la gestione del servizio aeroportuale in generale e, più nello specifico, con la destinazione del sedime aeroportuale all'uso da parte dei vettori aerei; pertanto, tali atti sono suscettibili di costituire richieste di accesso, secondo la disciplina recata con la l. n. 241 del 1990, come successivamente integrata e modificata.
Se la normativa enuncia, a livello di principi, la necessità che al mercato dei servizi di assistenza a terra negli aeroporti accedono tutti gli operatori a ciò autorizzati a parità di condizioni, è allora indubitabile la sussistenza di un interesse diretto concreto ed attuale in capo alle società ricorrenti che vogliono conoscere quali siano le condizioni di accesso al mercato e di esercizio dell'attività di assistenza a terra presso l'aeroporto di Roma — Fiumicino, atteso che tali attività, svolte anche dalle ricorrenti in ambito aeroportuale, si collocano in un ambito concorrenziale e che alle stesse si deve poter accedere a parità di condizioni. La conoscenza delle condizioni di cui gode il vettore aereo che presta anche servizi dihandling, oltre che in autoproduzione, in favore di altri soggetti terzi, in concorrenza con le istanti, si pone quale presupposto per la verifica che le regole di non discriminazione siano state rispettate.” (T.A.R. Roma,- Lazio-, sez. III, 15/05/2012, n. 4381).
Ai sensi dell'art. 705 del codice della navigazione, è preciso compito del gestore aeroportuale di amministrare e di gestire, secondo criteri di trasparenza e non discriminazione, le infrastrutture aeroportuali e di coordinare e controllare le attività dei vari operatori privati presenti nell'aeroporto o nel sistema aeroportuale (si veda anche T.A.R. Brescia - Lombardia, 3/04/2005, n. 317: ai sensi dell'art. 23 l. 7 agosto 1990 n. 241, il diritto di accesso è esercitabile anche nei confronti del soggetto privato gestore di pubblico servizio -nel caso di specie, gestore di aeroporto); si è detto inoltre (T.A.R. Roma - Lazio, sez. III, 08/01/2016, n. 188) che l'art. 705 Cod. Nav., assegna al gestore aeroportuale, tra gli altri, il compito di amministrare e gestire, secondo criteri di trasparenza e non discriminazione, le infrastrutture aeroportuali e di coordinare e controllare le attività dei vari operatori privati presenti nell'aeroporto o nel sistema aeroportuale considerato ; e che (T.A.R. Milano, -Lombardia-, sez. III, 06/05/2015, n. 1108) ciò avviene “ sia al fin di ricavare delle entrate, sia perché la concessione di un bene pubblico costituisce un'occasione di guadagno per il soggetto privato che utilizza tale bene”.
Va altresì rammentato che avveduta giurisprudenza (T.A.R. Roma - Lazio, sez. III, 15/02/2013, n. 1692) ha osservato che il soggetto gestore non perde la qualità di imprenditore per il solo fatto di essere assegnatario del sistema aeroportuale tanto che la normativa specifica come risultante del combinato disposto della l. n. 755 del 1973 e della convenzione applicativa, fanno esplicito riferimento alla possibilità per questo di trattenere i proventi rinvenienti dall'esercizio di attività commerciali.
Il Consiglio di Stato poi (sez. III, 31/03/2016, n. 1261 ) ha avuto modo di precisare che “ai sensi del l'art. 22 comma 1, l. 7 agosto 1990, n. 241 atti amministrativi soggetti all'accesso sono anche gli atti interni concernenti attività di pubblico interesse, indipendentemente dalla natura pubblicistica o privatistica della loro disciplina sostanziale, allo scopo di assicurare l'imparzialità e la trasparenza dell'azione amministrativa; di conseguenza la nozione "documento amministrativo" ricomprende tutti gli atti che siano stati trasmessi o, comunque, presi in considerazione nell'ambito di un procedimento amministrativo, ancorché di natura privatistica, purché correlati ad un'attività amministrativa ma, ai sensi dell'art. 24 comma 6 lett. d), cit. l. n. 241 del 1990, possono essere sottratti all'accesso gli atti che riguardano la riservatezza dell'impresa, con particolare riferimento agli interessi industriali e commerciali”.
Conclude la sentenza, osservando che l’insegnamento della giurisprudenza amministrativa (tra le tante Consiglio di Stato, sez. VI, 15/03/2013, n. 1568) è quello per cui “fuori dalle ipotesi di connessione evidente tra "diritto" all'accesso ad una certa documentazione ed esercizio proficuo del diritto di difesa, incombe sul richiedente l'accesso dimostrare la specifica connessione con gli atti di cui ipotizza la rilevanza a fini difensivi e ciò anche ricorrendo all'allegazione di elementi induttivi, ma testualmente espressi, univocamente connessi alla "conoscenza" necessaria alla linea difensiva e logicamente intellegibili in termini di consequenzialità rispetto alle deduzioni difensive potenzialmente esplicabili.
Altrimenti opinando il diritto di difesa diventerebbe una generica formula di unilaterale prospettazione di prevalenza delle esigenze ostensive su ogni altro interesse contrapposto, pur espressamente contemplato dalle disposizioni normative di rango primario e regolamentare come limite legale all'accesso.”: nel caso di specie parte originaria ricorrente ha ben chiarito la finalizzazione della propria richiesta, e la indispensabilità della richiesta documentazione: a questo punto ogni posizione oppositiva del genere di quelle prospettate (sempre in via astratta, si badi e mai con concretezza) appare recessiva. |